Italiani
Due fattori più di altri mi sembrano avere influito sulla vita e l'opera di Lorenzo Chinnici, pittore siciliano di sana vocazione popolare. Uno é l'incontro iniziatico, nel 1953, con Renato Guttuso, quando Chinnici era solo un bambino, ma già con le idee molto chiare sulle sue aspirazioni artistiche e voglioso di apprendere dal già noto maestro. L'altro é la convivenza, ormai da lunghissima data, con la malattia, capace di attentare il senso per antonomasia della pittura, la vista, menomando Chinnici in maniera particolarmente pesante. Dal primo, Chinnici ha ricevuto un imprinting che, per quanto modificatosi nel corso del tempo, alla luce di nuovi contatti, nuove esperienze di vita e forma, nuove acquisizioni mentali, nuove sensibilità sviluppatesi di conseguenza, ha mantenuto uno schietto carattere rustico, evitando qualunque approccio colto, anche quando le conoscenze e i riferimenti a quello o quell'altro artista sarebbero piuttosto evidenti. E ciò nell'intento di mantenere quanto mai coerente il rapporto fra il modo di esprimersi e l'oggetto principale delle sue rappresentazioni, il mondo popolare siciliano, di cui sa cogliere perfettamente la veridicità di fondo, da pari a pari, evitando di mistificarla sotto l'aura dell'idealizzazione di matrice socio-politica (in ciò consiste la maggiore differenza con Guttuso) o banalizzarla alla ricerca del pittoresco più folcloristico. Il secondo fattore ha invece fatto accentuare in Chinnici una predisposizione che era già insita nella sua maniera di interpretare il mondo con cui si confronta (esemplare, in questo senso, il ciclo michelangiolesco dei Pescatori), immergendolo in una malavogliesca fatica di vivere che lo affranca da ottimismi immotivati o da antichi retaggi romantici per cui la condizione popolare sarebbe di per sé la più vicina al puro e al buono. In Chinnici, però, non manca affatto anche il piacere della serenità consolatrice, quando fra uomo e natura si riesce a ristabilire una relazione equilibrata. E se la vista non sempre assiste, é il ricordo e l'immagine interiore che suppliscono, a confermare il fatto che l'occhio é il più mentale dei sensi.